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"Ho potuto accorgermi e persuadermi, non lusingandomi, o caro, né ingannandomi, ché il lusingarmi e l'ingannarmi pur troppo m'è impossibile, che in me veramente non vi è cagione necessaria di morir presto, e purché m'abbia infinita cura, potrò vivere, bensì trascinando la vita coi denti, e servendomi di me stesso appena per la metà di quello che facciano gli altri uomini, e sempre in pericolo che ogni piccolo accidente e ogni minimo sproposito mi pregiudichi o mi uccida" dice il Leopardi nella lettera al Giordani del 2 Marzo 1818. Il tema della morte in Leopardi è da intendere non come contenuto peculiare ma come elemento strutturale e fondamentale di un intertesto che percorre come un filo rosso tutta l'opera del recanatese in un circuito echi, allusioni, richiami e rimandi che si rispondono e che sembrano il segno di una vera e propria ossessione.